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Violenze subite in Libia e protezione internazionale (Cass., ordinanza n. 4315 del 10 febbraio 2022)



La Suprema Corte annulla il decreto del tribunale di Venezia che rigetta la richiesta di protezione internazionale rilevando che, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, assume importanza il fatto che il richiedente sia affetto da disturbo post-traumatico da stress a causa delle sevizie subite nel paese di transito.


Nel caso di specie un richiedente asilo proveniente dal Ghana, afferma di aver lasciato il Paese di origine in quanto perseguitato perché era stato arrestato nell’ambito di una vicenda di utilizzo di macchinari illegali nella propria attività di estrattore d’oro. Una volta giunto sul territorio nazionale dichiarava di aver subito violenze e soprusi debitamente documentati da una consulenza allegata al ricorso di primo grado.


L’ordinanza del giudice di legittimità evidenzia che il disturbo post-traumatico da stress, a causa di quanto vissuto in Libia, è elemento di vulnerabilità rilevante ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria. Ribadisce poi la Suprema Corte l’orientamento già più volte espresso (ex multis, Cass. SSUU 24413/2021) circa il giudizio di comparazione tra le condizioni di vita raggiunte in Italia e le condizioni nelle quali il richiedente si troverebbe ove rimpatriato, giudizio la cui rilevanza potrebbe essere più attenuata in presenza dell’accertato disturbo post-traumatico. “In tema di protezione umanitaria, ove il richiedente deduca, a sostegno della sua condizione di vulnerabilità, di essere affetto da disturbo post-traumatico da stress a causa delle sevizie subite nel paese di transito, il giudice, ove la peculiare condizione allegata sia accertata, deve specificamente valutarne l’incidenza, ben potendo, la valutazione comparativa tra la condizione soggettiva ed oggettiva in cui lo straniero si troverebbe nel paese di provenienza ed il livello di integrazione raggiunto in Italia, porsi giuridicamente in termini attenuati, quando non recessivi, di fronte ad un evento in grado di incidere, di per sé solo, per il forte grado di traumaticità, sulla condizione di vulnerabilità della persona(Cass. 8990/2021)”.


Prof. Avv. Paolo Iafrate

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