Con la sentenza n. 31836/2020, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata in merito al rapporto fra la tutela del marchio ed i reati di “contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni” ed “introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi”, rispettivamente previsti e puniti dagli artt. 473 e 474 del codice penale.
La vicenda in esame riguardava il caso di un venditore di pezzi di ricambio per automobili recanti i marchi di varie case automobilistiche, la cui esposizione era corredata da un cartello che specificava la non autenticità di tali pezzi, contraddistinti da quei marchi al solo fine di indicarne la compatibilità e la destinazione d’uso.
Il ricorso presentato dal venditore, imputato ai sensi dell’art. 474, c.2, c.p. (“ Fuori dei casi di concorso nella contraffazione, alterazione, introduzione nel territorio dello Stato, chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, i prodotti di cui al primo comma del presente articolo, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino ad euro 20.000”), si basava sull’impossibilità che il cliente potesse essere tratto in inganno circa l’autenticità dei pezzi venduti, proprio grazie al cartello affisso.
La Suprema Corte, tuttavia, ha chiarito che il bene giuridico tutelato dagli artt. 473 e 474 c.p. non consiste nell’affidamento del singolo, bensì nella fede pubblica in senso oggettivo, stabilendo quindi che “ai fini dell’integrazione dei reati non è necessaria la realizzazione di una situazione tale da indurre il cliente in errore sulla genuinità del prodotto; al contrario, in presenza di una contraffazione, i reati sono configurabili anche se il compratore sia stato messo a conoscenza dallo stesso venditore della non autenticità del marchio”.
Tale interpretazione viene giustificata alla luce della speciale tutela accordata al marchio registrato, tale per cui la ‘semplice’ contraffazione è, di per sé, sufficiente e decisiva per la violazione del bene tutelato.
Avv. Francesco Bianchi
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