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Rassegna di giurisprudenza su immigrazione e diritti umani




Corte di Cassazione, ordinanza n. 13286 del 18 maggio 2021

Il giudice di legittimità ha annullato con rinvio la sentenza del giudice di secondo grado che nell’istruttoria ha utilizzato fonti del 2017 violando l’obbligo di acquisire informazioni sulla compromissione dei diritti umani nel Paese tratte da fonti attendibili ed aggiornate.

Più precisamente osserva la Suprema Corte di Cassazione: "In secondo luogo la Corte d’appello, pur avendo compiuto disamina della situazione sociale, politica ed economica della Nigeria, l’ha fatto utilizzando fonti del 2017, nonostante la sentenza sia stata deliberata due anni dopo (violando in tal modo l’obbligo di acquisire informazione sul paese d’origine tratte da fonti attendibili ed aggiornate); e dall’altro trascurando di accertare se i diritti inviolabili della persona siano o non siano, nel paese di provenienza del richiedente, gravemente compromessi in modo intollerabile.

(...) La sentenza va dunque cassata con rinvio la Corte d’appello di Genova, in differente composizioni, la quale tornerà ad esaminare la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari indagando ex officio sulla esistenza o meno, in Nigeria, di una grave compromissione dei diritti umani fondamentali, ed avvalendosi a tal fine di fonti attendibili ed aggiornate."


Tribunale per i Minorenni di Catanzaro, decreto del 26 luglio 2021

Il Tribunale per i Minorenni di Catanzaro ha autorizzato permanenza del genitore del minore nato in Italia, per evitare una grave compromissione dello sviluppo psicofisico del minore.

Nel caso di specie una giovane madre proveniente dalla Nigeria, madre di un bambino che non hai mai conosciuto il proprio padre, ha ottenuto l’autorizzazione alla permanenza in Italia per due anni, con conseguente rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari. Secondo il giudice di prime cure “negare l’autorizzazione alla permanenza sul territorio italiano della ricorrente comporterebbe per il minore un innegabile vulnus, tenuto conto della sua tenera età e dell’avvenuto inserimento del nucleo familiare nell’attuale contesto sociale e ambientale”.


Tribunale di Perugia, decreto del 10 maggio 2021 R.g. 3803/2019

Nel caso di specie al cittadino straniero è stato riconosciuto lo status di rifugiato in quanto il ricorrente in Turchia ha subito atti di persecuzione e si è sottratto alla leva obbligatoria. In particolare, il giudice di primo grado osserva che "dalle fonti COI già citate emergono, in effetti, una pluralità di elementi che consentono di ritenere che ai danni del ricorrente siano state realizzate condotte di persecuzione per ragioni connesse alla sua appartenenza etnica e, altresì, per ragioni di opinioni politiche correlate al sostegno espresso dal ricorrente alla causa curda. Sebbene la Costituzione turca affermi che tutti gli individui sono uguali, indipendentemente dalla lingua, dalla razza o da altri fattori e che tutti i cittadini sono "turchi", sussistono di fatto condizioni di forte discriminazione per gran parte degli appartenenti alla comunità curda. Non esiste una legge che impedisca ai curdi di ottenere un impiego nel settore pubblico o privato, di partecipare alla vita pubblica o di accedere ai servizi; in generale, i curdi sono in grado di esercitare questi diritti. Tuttavia, la misura in cui una persona curda può farlo dipende dalle circostanze individuali e dalla zona in cui vive.

(...)

Si ritiene, dunque, alla luce delle numerose fonti citate che le reiterate forme di discriminazione che il ricorrente ha subito, nel corso della vita, nel contesto familiare e ambientale nel quale è cresciuto, configurino per la loro continuità e reiterazione, soprattutto a causa del violento conflitto insorto nelle aree del Sud Est del paese a partire dal 2015 tra autorità turche e militanti del PKK, veri e propri atti di persecuzione per ragioni di nazionalità che giustificano la concessione dello “status” di rifugiato.

(...)

Il ricorrente ha indicato ulteriore motivo di persecuzione avendo dichiarato di essere fuggito dalla Turchia anche per sottrarsi alla leva obbligatoria in un paese nel quale non è riconosciuta l’obiezione di coscienza e non volendo essere costretto a prestare servizio militare per timore di dover partecipare ad operazioni verso curdi e/o di dover subire atti discriminatori anche all’interno delle forze armate ed ha, inoltre, espresso il timore che in caso di rientro, permanendo il suo rifiuto di prestare servizio militare, potrebbe essere incarcerato con il rischio di subire violenze. Anche sotto questo profilo si ritiene siano integrati i presupposti per il riconoscimento dello “status” di rifugiato.


Prof. Avv. Paolo Iafrate


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