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Le ultime sentenze italiane in materia di immigrazione e lavoro



T.A.R. per la Liguria, sentenza n. 152 del 24 febbraio 2022


Nel caso di specie il cittadino straniero al quale la Questura di Imperia ha rifiutato la richiesta di regolarizzazione sul territorio nazionale, riguardo il rilascio del permesso di soggiorno per l’emersione dal rapporto di lavoro irregolare.


Secondo la Questura sarebbe di natura ostativa la condanna che Tribunale di Imperia del 2016.


Al riguardo, il Tribunale Amministrativo Regionale rileva che il ricorrente ha depositato il 24.3.2021 la richiesta di riabilitazione ai sensi dell’art. 179 cp, e in data 1.2.2022 ha allegato la prova della positiva conclusione di tale procedimento.


Tribunale di Foggia, sentenza del 23 febbraio 2022


Nel caso di specie l’INPS ha rigettato le domande di disoccupazione agricola per gli operai agricoli a tempo determinato cittadini non comunitari in assenza di valido titolo di soggiorno a copertura del biennio assicurativo di riferimento per accedere alla prestazione


Il Tribunale di Foggia – Sezione Lavoro ha affrontato richiamando alcune pronunce di condotta dell’Ente Previdenziale.


Nel caso in esame, l’Inps rigetta le domande di disoccupazione agricola presentate dai braccianti a tempo determinato che siano richiedenti protezione internazionale sostenendo che il relativo permesso di soggiorno sia equivalente ad un permesso di soggiorno per motivo di lavoro stagionale.


Tale assunto non è stata condivisa dal Tribunale di Foggia che ha censurato l’erronea sovrapposizione operata dall’Inps tra permesso per lavoro stagionale e “permessi di durata inferiore ai nove mesi” (tra cui i permessi di soggiorno per richiesta asilo, considerati anch’essi “permessi brevi”). Si chiarisce che, al di là della durata e della supposta “brevità” dei titoli di soggiorno, solo i permessi di soggiorno per lavoro stagionale non sono coperti dalla disoccupazione e dai trattamenti di famiglia (ex art. 25, comma 1 e 2, d.lgs. 286/1998) e, pertanto, i permessi di soggiorno per richiesta asilo (previsti invece dal d.lgs. 142/2015) consentono l’accesso a tali forme di sostegno al reddito.


Altro profilo di interesse attiene all’onere della prova incombente sulle parti: il Giudice del Lavoro statuisce il principio in virtù del quale, anche qualora il permesso di soggiorno in possesso del richiedente abbia una validità limitata solo ad un periodo del biennio di competenza della prestazione, è comunque onere dell’Ente Previdenziale eccepire e documentare in giudizio che le giornate lavorative effettuate si collocano al di fuori dell’arco di tempo in cui il cittadino straniero poteva legittimamente svolgere attività lavorativa.


E’ opportuno, quindi, ricordare che:


  • il richiedente asilo è tale in quanto ha manifestato la volontà di chiedere la protezione internazionale in qualsiasi forma e sino a quando non sia stata assunta dalla competente commissione territoriale o dal Tribunale una decisione definitiva su tale domanda (art. 2, d.lgs. 142/15);

  • il suo regolare soggiorno è attestato anche solo dalla formalizzazione della richiesta di protezione (art. 4, co. 3, d.lgs. 142/15); decorsi 60 giorni dalla manifestazione di volontà di chiedere protezione il richiedente asilo può legittimamente svolgere attività lavorativa in Italia, indipendentemente dalla circostanza che le autorità competenti abbiano tempestivamente proceduto al rilascio del titolo di soggiorno o meno (art. 22, co. 1, d.lgs. 142/15);


Questo diritto si conserva anche nelle more del rinnovo del permesso di soggiorno da parte delle autorità competenti, posto che il soggiorno regolare deriva direttamente dalla manifestazione di volontà di chiedere asilo e che comunque il ritardo della P.A. non intacca in alcun modo i diritti del richiedente asilo.


Pertanto, sussiste il diritto dei titolari di permesso di soggiorno per richiesta asilo a percepire l’indennità di disoccupazione agricola in quanto, a differenza dei lavoratori stagionali che hanno l’autorizzazione a svolgere attività lavorativa sul territorio nazionale fino ad un massimo di nove mesi in un periodo di dodici mesi, i richiedenti asilo, ai sensi dell’articolo 22 d.l.vo 142/2015, possono svolgere attività lavorativa decorsi 60 giorni dalla presentazione della domanda, senza limiti di tempo.


Prof. Avv. Paolo Iafrate


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