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Interessanti pronunce in materia di immigrazione



Si segnalano due interessanti pronunce in materia di espulsione e reati ostativi alla richiesta di emersione di lavoro irregolare del datore di lavoro per condanne pregresse, nonché una pronuncia di legittimità relativa alla valutazione del richiedente asilo.


Decreto di espulsione - Il prefetto deve considerare la vita privata e familiare della cittadina straniera oltre alla situazione dei diritti fondamentali nel Paese di origine


Giudice di Pace, ordinanza del 30 aprile 2021

Il Giudice di Pace di Rimini ha annullato il decreto prefettizio di espulsione emesso nei confronti di una cittadina venezuelana, priva di un titolo di soggiorno. In particolare, nel giudizio di opposizione, la ricorrente aveva lamentato la mancata valutazione, da parte del Prefetto, del timbro d’ingresso nel territorio dello Stato alla frontiera aeroportuale, quale elemento che esclude la violazione dell’art. 1 co. 3 della Legge 68/2007 (art. 13. co. 2 lett. b) T.U.I. e successive modificazioni), equivalendo a dichiarazione di presenza; la mancata valutazione della rilevanza dei suoi legami familiari, ex art. 13 comma 2 bis del D.Lgs. n. 286/1998, disposizione che, secondo la Corte Costituzionale n. 202/2013, è applicabile anche al cittadino straniero che ha legami familiari nel nostro Paese, seppur con valutazione caso per caso e anche se non è nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare; la mancata valutazione della garanzia del rispetto dei diritti fondamentali nel paese d’origine, situazione drammaticamente peggiorata con lo scoppio della pandemia da Covid-19.

L’omesso esame di tali elementi ha comportato l’annullamento del decreto di espulsione.

Nel provvedimento, inoltre, si conferma l’inammissibilità del deposito telematico degli atti nel processo dinanzi al Giudice di Pace, come previsto espressamente dall’art. 16-bis, comma 6, del d.lgs. n. 179 del 2012. L’ordinanza sottolinea che, in vista dell’adozione di un decreto di espulsione, è di fondamentale importanza che le autorità prefettizie prendano in considerazione sia gli elementi rilevanti per quanto concerne il diritto alla vita privata e familiare dello straniero, sia la situazione di rispetto dei diritti fondamentali nello Stato di provenienza, a maggior ragione in un momento storico caratterizzato da una crisi sanitaria globale, ove il diritto alla salute assume una rilevanza ancora più specifica di quanto avviene in tempi “normali”.


Emersione 2020 - La norma prevede che per il datore di lavoro siano ostative solo le condanne intervenute nei cinque anni precedenti


T.A.R. per la Marche, sentenza n. 363 del 29 aprile 2021

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche ha annullato il provvedimento di rigetto della Prefettura di Macerata dell’istanza di emersione da lavoro irregolare presentata ai sensi e per gli effetti dell’art. 103 comma 1 D.L. 19 maggio 2020, n. 34 con queste motivazioni:

"Il ricorso va accolto, in quanto nello stesso provvedimento impugnato si dà atto che la condanna penale subita dal datore di lavoro che ha presentato la domanda di emersione in favore del ricorrente risale al 2013, per cui il provvedimento medesimo è stato assunto in violazione dell’art. 103, comma 8, del D.L. n. 34/2020, convertito in L. n. 77/2020 (il quale prevede che siano ostative solo le condanne intervenute nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore della norma)".


Corte di Cassazione, ordinanza n. 648 del 15 gennaio 2021

Il racconto della richiedente asilo non deve essere esaminato con la erronea valutazione di marginali incongruenze e senza una considerazione della vicenda nel suo insieme

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso promosso contro un decreto di rigetto del Tribunale di Milano in favore di una cittadina cinese che aveva chiesto protezione internazionale per motivi di persecuzione per motivi religiosi.

In particolare la Suprema Corte ha ribadito il principio per cui il racconto del ricorrente/richiedente asilo non deve essere esaminato in modo atomistico, con la erronea valutazione di marginali incongruenze e senza una considerazione della vicenda nel suo insieme, tanto più se la narrazione è corroborata dall’indicazione di fonti ufficiali aggiornate dalle quali la persecuzione religiosa denunciata emerge in modo coerente con la vicenda narrata.

In ragione di ciò, appare fondato il vizio di nullità della sentenza, basata su una motivazione apparente, nella parte in cui, pur riportando il racconto dell’arresto accompagnato da schiaffeggiamenti, percosse e l’obbligo di denudarsi, il tribunale ha ritenuto che non fossero state descritte "torture", affermando in modo apodittico che fosse contraddittorio il successivo rilascio.


Prof. Avv. Paolo Iafrate


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