In tutta Italia fervono le attività di aggiornamento dei modelli organizzativi aziendali e d'introduzione di presidi volti a evitare la commissione di reati tributari.
Questo dipende dal fatto che, da poco più di un anno (cfr.: d.l. n. 124 del 2019 convertito dalla l. n. 157 del 2019; d.lgs. n. 75 del 2020), il legislatore ha esteso, all'ambito tributario, la responsabilità amministrativa degli enti, già prevista dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. Cosicché, oggi, la commissione di alcuni reati tributari può comportare - oltre alle normali sanzioni tributarie e alla responsabilità penale dell'amministratore e di chi ha commesso la violazione - anche l'adozione di misure interdittive all'esercizio dell'attività d'impresa ovvero l'irrogazione di sanzioni pecuniarie aggiuntive, che possono arrivare fino a poco meno di 1,6 milioni di euro per ogni violazione. I reati per i quali è stata prevista la responsabilità amministrativa dell'ente sono otto:
1) la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, commi 1 e 2-bis, d.lgs. n. 74 del 2000);
2) la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, d.lgs. n. 74 del 2000); dichiarazione infedele (art. 4, d.lgs. n. 74 del 2000);
3) l'omessa dichiarazione (art. 5, d.lgs. n. 74 del 2000);
4) l'emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8, commi 1 e 2-bis, d.lgs. n. 74 del 2000);
5) l'occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10, d.lgs. n. 74 del 2000);
6) l'indebita compensazione (art. 10-quater, d.lgs. n. 74 del 2000);
7) la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, d.lgs. n. 74 del 2000);
8) il “contrabbando” così come delineato nel Titolo VII, Capo I, TULD, d.P.R. n. 43 del 1973 agli artt. da 282 a 301 (art. 25-sexiesdecies, d.lgs. n. 231 del 2001). L'adozione di modelli organizzativi volti a evitare la commissione dei reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa dell'ente è sancita dallo stesso d.lgs. n. 231 del 2001 e comporta due benefici diretti e uno indiretto. Il primo beneficio è quello di evitare, attraverso accorgimenti sull'organizzazione aziendale, che il personale adotti dei comportamenti (come il pagamento di fatture non sufficientemente documentate) che potrebbero esporre l'ente a subire le conseguenze di una contestazione fiscale-penale-amministrativa molto pesante. Il secondo vantaggio consiste nella limitazione della responsabilità in caso di commissione di reati. Infatti, se l'ente ha adottato un modello organizzativo, procedure operative e altri accorgimenti effettivamente adeguati a evitare la commissione di reati tributari, è lo stesso d.lgs. n. 231 del 2001 a riconoscere la non applicabilità delle sanzioni più gravose. Il terzo beneficio è di carattere reputazionale e commerciale. La sempre maggiore diffusione di società che adottano modelli organizzativi e codici etici fa si che le aziende che ne rimarranno prive finiranno progressivamente a margine del mercato, vuoi per la sostanziale incapacità ad adattarsi alle richieste documentali sempre più stringenti che perverranno dai potenziali clienti vuoi perché - sta già succedendo - i soggetti che si saranno dotati di modelli organizzativi e codici etici ben strutturati pretenderanno altrettanto livello di compliance da parte dei propri fornitori. Appare, dunque, quantomai opportuno evitare di pensare che la questione riguardi solo le grandi società. Anche le medie aziende, se vogliono competere ad alto livello nel mercato italiano, si devono dotare del c.d. "Modello 231" aggiornato ai reati tributari, avendo cura di introdurre presidi di controllo studiati su misura affinché, da un lato, si ottenga l'effettiva attuazione dei principi previsti dal legislatore e, dall'altro lato, si eviti di gravare eccessivamente l'attività delle diverse componenti aziendali, minandone l'efficienza.
Avv. Riccardo Langosco di Langosco LL.M.
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