Il Governo italiano sta lavorando per immettere nella Legge di Bilancio attualmente in discussione in Parlamento, nuove norme per regolamentare dal punto di vista procedimentale e sanzionatorio la delocalizzazione delle imprese con oltre 250 dipendenti (non si applicheranno infatti tali norme alle imprese aventi meno dipendenti di tale soglia).
La normativa in oggetto si applicherà allorché un’impresa con più di 250 dipendenti intenda procedere alla chiusura di una sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo situato nel territorio nazionale, con cessazione definitiva della relativa attività e licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50; al fine di procedere a tale chiusura, l’impresa dovrà darne comunicazione dettagliata per iscritto – almeno 90 giorni prima dell’inizio della procedura - alle rappresentanze sindacali aziendali o territoriali, alle Regioni interessate, ai Ministeri del Lavoro e dello Sviluppo Economico e all’Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro.
Nella comunicazione che deve fare l’impresa, devono essere indicate – a pena di nullità dei licenziamenti - le ragioni economiche, finanziarie, tecniche e organizzative della chiusura.
Entro i seguenti 60 giorni, l’impresa dovrà predisporre e presentare a sindacati, Regioni e Ministeri, un piano di durata non superiore a 12 mesi per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura; piano che dovrà essere discusso e sottoscritto insieme ai sindacati, e dovrà indicare nello specifico:
le azioni per la salvaguardia dei livelli occupazionali, compreso il ricorso agli ammortizzatori sociali (per i dipendenti interessati si prevede il ricorso alla CIGS)
le azioni finalizzate alla rioccupazione o all'autoimpiego;
le prospettive di cessione dell'azienda tali da garantire la continuazione dell'attività, o gli eventuali progetti di riconversione del sito produttivo.
In assenza di presentazione – o carenza dei requisiti previsti – del piano, od altrimenti qualora il datore di lavoro fosse inadempiente, verrà raddoppiato il contributo del 41% del massimale mensile di Naspi per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni previsto dal Jobs act in caso di licenziamento. In caso di mancata sottoscrizione dell'accordo sindacale, il contributo sarà aumentato del 50%.
Il confronto con i sindacati ed enti locali potrà durare 90 giorni, avendo come obiettivo principale evitare – o perlomeno ridurre per quanto possibile - i licenziamenti ed in ogni caso la gestione non traumatica dei possibili esuberi, nel caso che l’impresa interessata decidesse di chiudere pur non essendo in crisi economica.
Il piano, una volta sottoscritto da tutte le parti, inizierà il suo decorso, solo alla fine del quale l'impresa potrà avviare le procedure di licenziamento. I lavoratori coinvolti potranno accedere al GOL-programma nazionale di garanzia di occupabilità dei lavoratori, supportato dalla riforma delle politiche attive del lavoro che il Governo ha previsto per il periodo 2021-2023, con uno stanziamento complessivo di 4,4 miliardi di euro.
Come contrappeso alle sopra menzionate sanzioni legate al massimale NASPI, sono programmate pure delle agevolazioni per le aziende virtuose, che potranno variare dallo sconto sulle tasse per il trasferimento dei beni strumentali in caso di cessione aziendale che mantenga l'attività e i posti di lavoro, ad una corsia preferenziale per ottenere gli incentivi del MISE per quelle aziende che assumano lavoratori coinvolti in procedure di delocalizzazione.
Allo scopo, l’art. 24 della Legge di Bilancio prevede un fondo speciale di Euro 100 milioni per favorire il prepensionamento dei lavoratori di aziende in crisi; l’art. 30 a sua volta la decontribuzione totale per chi assuma a tempo indeterminato lavoratori in crisi. La Legge di Bilancio, infine, rifinanzia con Euro 450 milioni i contratti di sviluppo, con agevolazioni dei progetti di investimento a sostegno della competitività.
Prof. Avv. Salvatore Vitale
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